Secondo quanto riferisce Aristotele, già ai tempi di Talete (VI sec. a.c.) era nota la singolare proprietà dell'ambra gialla, che strofinata, anche con la sola mano asciutta, è in grado di attrarre a sé pagliuzze, foglie secche e altri leggeri corpuscoli. Tale attrazione rimase una proprietà della sola ambra, almeno fino alla fine del XVII sec. quando William Gilbert (1540-1603) osservò, in modo sistematico, che circa una ventina di altri corpi, oltre l'ambra, è in grado di attrarre a se leggeri corpuscoli; tra questi, lo zolfo, il vetro, la gommalacca, le resine solide e molte pietre dure. Egli chiamò questi fenomeni elettrici dal nome greco dell'ambra (electron) e per misurare l'intensità delle forze attrattive utilizzò uno strumento, precedentemente descritto da Girolamo Fracastoro (1483-1553), costituito da un piccolissimo e leggerissimo ago (versorium non magneticum), girevole sopra un sostegno a punta. Come fa notare lo stesso Gilbert, con questo strumento è possibile mettere in evidenza l'attrazione anche per quei corpi, nei quali la virtù elettrica è cosi debole da non essere in grado di sollevare anche leggerissime pagliuzze.
Successivamente Francesco Lana rese lo strumento più sensibile sospendendolo mediante un filo: avvicinando ad esso il corpo elettrizzato "statim ad se trahebat eam [...] extremitatem, cui erat approximatum". La torsione del filo si opponeva all'effetto della forza elettrica: l'angolo di rotazione risultava quindi legato all'intensità della forza elettrica.
Nel 1629 Nicola Cabeo (1585-1650) osservava il fenomeno della repulsione elettrica, notando come le pagliuzze, attratte dal corpo elettrizzato, vengono successivamente da questo respinte, dopo averlo toccato.
A primitive interpretazioni del fenomeno di tipo animistico, si susseguirono spiegazioni su basi meccaniche, coinvolgenti effluvi materiali, o non, che escono e/o entrano nei corpi elettrizzati.
Stando a quanto riferisce Gilbert, Plutarco nelle Questioni Platoniche sostiene che nell'ambra vi sia un non so che di fiammeo, che ha la natura dello spirito e che quando, mediante la frizione della superficie, vengono aperte le via di uscita, esce fuori ed attira i corpi.
A livello atomistico così si esprimeva Lucrezio (I sec. a.c.) nel De rerum Naturae, riferendosi all'attrazione magnetica.
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